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Il silenzio imposto dall'afasia ci obbliga a prendere coscienza della nostra vulnerabilità. In questa sofferta consapevolezza c'è un dono nascosto: la compiutezza che ognuno di noi cerca per sé. La parola sospesa dell'afasico rappresenta il tempo della possibilità, l'opportunità di rispondere alle richieste impensate e impensabili della vita. Chi è obbligato al silenzio sperimenta la resilienza, lo strenuo coraggio della ri-partenza, la passione per la propria originalità. La negatività, pur affrontata con umanissima furia, induce a superare le soglie, a entrare in uno spazio trasformativo. Sull'altro fronte, chi parla con l'afasico impara ad ascoltare, a valorizzare la sosta e la pazienza, a coltivare l'empatia: dunque, deve essere capace di aprire lo sguardo, accogliendo l'altro e scoprendone la preziosa alterità. Questo silenzio ospitale diventa allora uno spazio etico in cui far risuonare la reciproca libertà.